2023

20

Agosto

“I fuochi, il contribuente e le anime”: presentato il nuovo libro di Rocco Cuzzucoli Crucitti

Numeroso e attentissimo il pubblico ieri sera al Teatro due pini di San Vito Chietino per la prima presentazione del libro “I FUOCHI, IL CONTRIBUENTE E LE ANIME”.

Prestigiose le presenze in platea e sul palco: il Sindaco del Comune San Vito Chietino Emiliano Bozzelli, il prof. Sandro de Nobile, autore della prefazione, alcuni consiglieri comunali, l’ex Direttore dell’Archivio di Stato di Chieti Pietro Federico, diversi docenti locali ed un pubblico cha ha ascoltato in rigoroso silenzio, rotto soltanto da qualche applauso, in particolare per ricordare due amici che hanno speso una vita a fare ricerca storica su San Vito, Pietro Cupido e Antonio Iarlori.

Nel corso della serata, l’autore Rocco Cuzzucoli Crucitti e l’editore Lino Olivastri hanno illustrato il contenuto della ricerca partendo dagli avvenimenti precursori del Catasto Onciario Carolino del ‘700, seguendo una linea del tempo degli avvenimenti che ci hanno portato ai giorni nostri determinando l’attuale situazione socio-economica e ambientale dei nostri giorni.

Suggestiva, infine, la parte relativa alle testimonianze raccolte nel libro, in presenza delle stesse persone che hanno contribuito: la prof. Maria Teresa Scagliarini, i sigg.ri Guido Iezzi, Lucia Bucco e Dionisio Rossi.

A conclusione della serata, con l’augurio per tutti di proseguire in questo incessante lavoro di conservazione della nostra storia, l’ex direttore Pietro Federico ci ha esortato ad attivarci per il mantenimento dell’Archivio di Stato a Lanciano, che rischia di rimanere chiuso a tempo indeterminato per la mancanza di una struttura necessaria per consentire l’operatività e l’accesso ai numerosi ricercatori del territorio.

 
2021

9

Novembre

Forche Caudine – “Un povero cristo”: in Michele D’Andrea tanti personaggi emarginati del Molise.

Il giornale dell’Associazione dei Romani di origina Sannita, ha dedicato recentemente una bella recensione al libro “UN POVERO CRISTO” di Michele Tanno da noi pubblicato nel 2019. 

Un ringraziamento particolare al presidente e direttore della testata Dr. Giampiero Castellotti.

Quanti personaggi un po’ fuori dal tempo ci sono in una terra a lungo isolata come il Molise? Decisamente tanti. Ogni paese ne conta più di uno, spesso al centro degli sfottò soprattutto dai parte dei ragazzi.

Il libro dell’agronomo Michele Tanno, sempre attento alle vicende della sua terra, racconta la storia umana di Michele D’Andrea, nato a San Biase (Campobasso) nel 1898. Di condizioni assai modeste, era anche orfano di padre e, quindi, non poté ricevere quel minimo insegnamento per essere istradato nella vita. Peraltro la mamma, dopo averlo messo al mondo, manifestò segni sempre più evidenti di squilibri mentali e, perciò, non fu in grado di dargli una corretta formazione educativa.

Il volume ricostruisce con grande sensibilità e attenzione le vicende dello sfortunato compaesano, che pur colpito da queste carenze affettive e formative e da una qualche deficienza intellettiva, si faceva volere bene per la sua semplicità.

Il ragazzo, sebbene vissuto all’ombra della madre, si trovò presto in mezzo alla strada, sbandato e beffato.

Diventato adulto e avendo perso anche lei, andava sempre per suo conto, “solingo e guardingo sotto cieli a vedere e sopra terre a camminare” e, grazie alla misericordia del prossimo, è riuscito a procurarsi quel poco per mantenersi in vita. A ciò ridotto non per scansar fatica, di cui anzi si gravava ogni giorno, ma perché così era la sua condizione mentale e materiale.

La prefazione è di Padre Nando Simonetti.

Una lettura interessante perché in Michele D’Andrea è possibile vedere tanti personaggi emarginati di questa piccola regione.

***

Michele TANNO ha ripercorso le tappe che si snodano dal 1898 al 1977 soffermandosi sullo spaccato sociale di un Molise alle prese con un isolamento atavico, e dominato da una borghesia parassitaria che si accaniva con i deboli lustrando le scarpe dei potenti.

Con una dovizia particolare ha ricostruito il vissuto quotidiano di questo “Povero Cristo” e della sua famiglia all’interno delle dinamiche di inizio secolo che caratterizzavano l’abitato di San Biase, l’attività agricola del tempo, le ristrettezze estreme in cui sopravvivevano gran parte delle persone, l’emigrazione interpretata come fuga dalla miseria e lo stato di sottomissione delle classi sociali marginali verso i pochi che disponevano di pane, abiti, campi da coltivare o reddito professionale.

Un quadro estremamente interessante in cui ci si imbatte nell’assenza di acquedotti, fognature, illuminazione, strade, scuole, marciapiedi, uffici postali, case degne di questo nome o di tutto ciò che distingue il medio evo dalla civiltà ed i servi della gleba dal sottoproletariato gramsciano. Uomini che dormono insieme alle bestie in catapecchie infestate da pulci e topi in cui è arduo separare i destini delle persone da quelli degli animali, in periodi in cui la fame rappresentava un problema diffuso, specie nelle annate agrarie negative e l’impossibilità di studiare, di curarsi o semplicemente di mettersi un panno addosso o delle scarpe ai piedi era del tutto normale.

In questo girone infernale dantesco i penultimi si scagliano contro gli ultimi scodinzolando ipocritamente verso i benestanti e non avendo alcuna percezione su chi fossero per davvero i potenti dell’epoca. Le invidie sociali sopperivano all’assenza di risposte ai problemi che si trascinavano irrisolti di generazione in generazione. Si litigava per un metro di terra, si andava a fare i servi per intere giornate di lavoro in cambio di qualche tozzo di pane e, in via del tutto eccezionale, di qualche centesimo, ci si difendeva aggredendo con le pietre, e se si avevano deficienze mentali o provenienze familiari problematiche si era condannati alla marginalità perenne e alla derisione sistematica.

Scorrere le pagine di “Un povero Cristo” aiuta a conoscere la miseria d’animo e l’odio rancoroso di chi ha poco verso chi non ha nulla, gli arresti e processi a Trivento con la galera a Montagano, la sopravvivenza mangiando erba o scorze di patate o torsi di cavoli crudi, in un Molise che non è lontanissimo nel tempo visto che sostanzialmente si tratta della prima metà del Novecento. (Michele Petraroia)

 
2020

1

Novembre

Pubblicato il nuovo libro di Aurelio Manzi: I progenitori delle piante coltivate in Italia

I parenti selvatici dei vegetali in coltura per uso alimentare, il processo di domesticazione e la salvaguardia.

Prefazione di Luciano Di Martino, Direttore Ente Parco Nazionale della Majella – Presentazione di Sara Magrini, Presidente RIBES – Rete Italiana banche del germoplasma per la conservazione ex situ della flora italiana

 

L’Italia è una terra che vanta una biodiversità vegetale eccezionale, che non trova riscontro in Europa. La sua flora annovera anche innumerevoli specie considerate i progenitori selvatici di piante coltivate per i più svariati usi. Il volume indaga sui parenti selvatici delle piante in coltura ad uso alimentare che vegetano nel nostro Paese. Ne illustra il processo di domesticazione e le prime fasi di coltivazioni. Per diverse specie, le prime esperienze di coltivazione sono state intraprese proprio in Italia, sia nella preistoria che nei tempi successivi, in particolare nel periodo romano e nel Rinascimento. L’Italia può vantare il primato della domesticazione di svariate colture anche impensabili come nel caso del papavero da oppio, di numerosi ortaggi, legumi e diverse specie di alberi fruttiferi. Inoltre, le forme selvatiche hanno concorso con i loro geni alla nascita e selezione di numerose varietà coltivate tra cui alcuni vitigni autoctoni, cultivar di olivo, alberi fruttiferi e piante orticole, concorrendo in maniera determinante alla formazione del cospicuo patrimonio agronomico della Nazione, fondamento solido e irrinunciabile della nostra civiltà agricola.

Nel testo vengono esaminate la distribuzione dei progenitori delle piante coltivate, le caratteristiche ecologiche e le problematiche connesse alla loro salvaguardia. Questi vegetali rappresentano, tuttora, uno straordinario patrimonio genetico e culturale con grandi potenzialità agronomiche e, più in generale, economiche che possono trovare riscontro anche per affrontare i grandi cambiamenti ambientali e sociali in atto nel pianeta. Costituiscono una componente strategica del patrimonio biologico della Nazione che ha concorso, in maniera determinante, allo sviluppo delle diverse civiltà che si sono succedute e alle complesse ed affascinanti vicende storiche del nostro Paese.

Prezzo di copertina 30 euro. In vendita nelle librerie e online.

Per informazioni: info@metaedizioni.it

 
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